Racconto di una piccola spedizione su una grande parete!
Quando ti approcci alla parete più famosa del mondo, ti rendi conto immediatamente che non potrai mai essere abbastanza preparato per affrontarla a cuor leggero.
Dovrai tirar fuori carattere, fare gioco di squadra e mettere in campo (anzi in parete) tutta l'esperienza che hai per arrivare in cima.
Arrivare in Yosemite per un arrampicatore è come per un bambino trovarsi davanti ad un immenso parco giochi, fatto da enormi e perfetti castelli da arrampicare per salvare principesse.
Arrivi in macchina e la prima cosa che vedi è una forma perfetta, un quarto di sfera con una faccia nord liscia come una tavola da biliardo, ma è in verticale e li si arrampica: si chiama Half Dome; ora all'eccitazione si mischia il timore reverenziale.
Prosegui nella valle nell'unica direzione possibile perché la strada è una ed è ad anello. Il bosco si apre e fra te e il cielo si frappone una struttura rocciosa dall'impressionante verticalità, talmente grande che lo sguardo non riesce ad abbracciarla tutta; sei davanti al Capitan! La parete delle pareti in tutto il suo splendore è li a cinque minuti di camminata dalla strada, pronta per essere scalata.
Ma tu sei pronto?
Qui inizia la nostra avventura, i nostri tre giorni sulla parete del Capitan sulla via Freerider, quella del film free-solo di Alex Honnold e Jimmy Chin
Abbiamo sfruttato i giorni precedenti l'inizio della salita per preparare mente e corpo a questa scalata, per noi Europei, dallo stile abbastanza diverso, con fessure, camini e placche terribilmente lisce, dove solo l'attrito di mani e piedi incastrati ti sorreggono.
Abbiamo salito The Rostrum dalla faccia nord per la via più diretta, 11 tiri che ci hanno fatto capire che i gradi scritti sulla carta non sono da tenere in considerazione: primo bagno di umiltà.
Poi ci siamo dilettati a fare monotiri sempre di fessura in falesie locali e infine abbiamo cominciato a preparare i materiali.
Una delle cose che non si dimentica facilmente del Capitan sono le frontali degli scalatori che si vedono durante la notte, con i piedi per terra immagini il viaggio verticale che stanno vivendo gli altri in quel momento e pensi a come sarà quando, di lì a quarantotto ore, ti troverai nella stessa situazione.
Arriva poi quella mattina, dopo una delle tante notti passate nel van ma l'ultima nella tua zona confort, dalla prima colazione si percepisce eccitazione mista a preoccupazione nella cordata. E' ora di andare, sacche in spalla e via verso il nostro obiettivo.
La cosa che fa sorridere è che siamo abituati ad avvicinamenti molto lunghi per arrivare alla base delle pareti delle Alpi; qui sono pochi minuti, forse dieci minuti di facile cammino e sei all'attacco. Inizia il divertimento.
Abbiamo adottato la strategia di portare la nostra Haul Bag e la sacca con l'acqua all'undicesimo tiro di Freerider salendo dalla discesa della via "Freeblast". In questo modo avremmo potuto fare la prima giornata scalando leggeri.
Attacca Enrico, poi passa davanti Alain e infine Io.
La prima giornata si conclude con il quattordicesimo tiro, la tanto temuta "Hollow Flake" il primo tiro davvero off-width che in assenza di un friend Valley Giant 9 o DMM 8 non è possibile proteggere per tutta la sua lunghezza, noi arrivavamo fino al 6. Lo "slego" più lungo della nostra vita, sosta-sosta in Yosemite in una fessura oversize senza neanche una protezione è stato un discreto lavoro mentale, ma siamo qui a raccontarlo.
Cos'è una fessura Off-Width? è una fessura più grande della misura del classico incastro di pugno, ma allo stesso tempo non sufficientemente larghe da inserire tutto il nostro corpo al loro interno; Scalarle implica un grande sforzo fisico, tecnico e mentale, ben diverso dallo stringere una tacca netta.
La prima notte alla Lung Ledge passa velocemente, c'era spazio per tutti e i sacchi si cominciano ad alleggerire consumando le provviste, dormire su una "ledge", che in Italia chiameremmo "cengia", è stata una scelta strategica per risparmiare peso. Non volevamo infatti portare le portaledge (una sorta di barella pieghevole che si appende alla parete e permette di dormire) per essere più leggeri in salita, sapendo già però che questo ci avrebbe penalizzato obbligandoci a scalare sempre il numero di tiri che ci eravamo prefissati per il tale giorno, a costo di scalare con la torcia frontale e arrivare a notte inoltrata.
Il secondo giorno passa via velocemente e ci alterniamo sui numerosi tiri, la strategia era quella di arrivare al ventiquattresimo tiro dove si trova il famoso "El Cap spire", un gigantesco parallelepipedo piatto sulla parte alta ma completamente staccato dalla parete di circa due metri, inutile dire che il passaggio chiave della giornata fosse passare dalla fessura sulla parete al bordo dello Spire, Alain ci è riuscito con un passo in spaccata che avrebbe fatto invidia al migliore dei Ninja!
La seconda porzione di parete è estremamente verticale e si susseguono diedri, fessure, camini e qualche Off-Width, che naturalmente, toccano a me. Un tiro in particolare è molto caratteristico "The Ear" ha questa forma di padiglione auricolare completamente staccato dalla parete, per passare va tolto il casco o si incastra! Vietato a chi soffre di claustrofobia perché la sensazione di essere prigionieri della montagna è totale.
In questa giornata abbiamo deciso di fare una variante alla via, decisamente più dura, ma non per prendere ancora più schiaffi bensì per evitare il tiro della "Monster Off-width" ci avrebbe rubato troppa energia e troppo tempo.
Peccato che la variante fosse di 8a e quindi non proprio facilissima, ma durante quel tiro è successo un fatto molto particolare, abbiamo conosciuto il padrone di casa, colui che quella via l'ha salita in free-solo, il mitico Alex Honnold.
Lui è apparso dall'alto e si è calato fin sopra di noi proprio per provare quel tiro in auto sicura, ha segnato delle prese con un gessetto per poi scalarlo in grande scioltezza e calarsi giù in doppia in tempo per la merenda.
El cap spire ci ha fatto passare una delle più belle notti della salita, regalandoci un cielo stellato incredibile e un tramonto mozzafiato, ma solo dopo aver "fissato" la corda nei due tiri successivi.
Arriva l'alba e con lei il fremito dell'ultimo giorno, sappiamo che manca poco ma sappiamo anche che manca una delle sezioni più difficile della salita, le sacche sono oramai quasi vuote, ma anche le nostre braccia e le nostre teste accusano la stanchezza della scalata senza sosta.
Ci alterniamo in alcune delle sezioni più faticose della via: Il teflon Corner, L'enduro Corner, il traverso della Round Table e i giganteschi camini della Headwall, scalarli con la luce della frontale è stata un'esperienza mistica.
Quel giorno il gioco di squadra è stato tutto, tutti siamo andati al limitatore e facendoci forza a vicenda abbiamo conquistato quello che è stato per noi un sogno, Freerider!
Tuttavia, in parte per evitare il problema degli Orsi e in parte per la stanchezza oramai davvero tangibile abbiamo deciso di lasciare le ultime decine di metri per la mattina dopo fissando le corde fino alla Long Ledge e dormendo su una cengia larga poco più delle nostre spalle.
Una notte breve, piena di risate ed euforia di chi sa che ci è riuscito, che ormai è fatta.
Una notte talmente rilassata che ha permesso a Enrico di russare come una locomotiva privandoci dei pochi momenti di scomodo sonno sulla cengia.
Personalmente erano più di dieci anni che non tornavo in Yosemite e devo dire che è stata un'esperienza fantastica, estenuante ma che ti riempie di gioia, di amicizia e di tanta tanta voglia di tornare a fare qualcosa di nuovo.
A presto Yose!
Alain, Enrico, Francesco
È un racconto che trasmette la voglia di mettersi in gioco, di provare a sfidare i propri limiti fisici e mentali e di darsi degli obiettivi ambiziosi. Ma non è una storia solo di sfide, è una esperienza di autentica amicizia e fratellanza, sentimenti che possono sorgere solo su una base di solida fiducia verso il compagno di cordata.
Grazie ragazzi per questa testimonianza e per la condivisione delle vostre emozioni: ci avete fatto sognare!